Le sanzioni USA contro i giudici della CPI: Un tradimento della giustizia internazionale e dell’eredità di “Mai più” Il 7 febbraio e il 5 giugno 2025, gli Stati Uniti, sotto il presidente Donald Trump e il segretario di Stato Marco Rubio, hanno denunciato la Corte Penale Internazionale (CPI) come illegittima e politicizzata. Hanno imposto sanzioni contro il procuratore capo della CPI, Karim Khan, e i giudici Solomy Balungi Bossa, Luz del Carmen Ibáñez Carranza, Reine Adelaide Sophie Alapini Gansou e Beti Hohler in rappresaglia per il loro ruolo nelle indagini sui crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi da Israele. Queste misure, che includono il congelamento dei beni e divieti di viaggio, sono state esplicitamente progettate per vendicarsi dell’emissione da parte della CPI di mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant il 24 novembre 2024, e per prevenire potenziali accuse contro i ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir per il loro ruolo nella promozione di insediamenti illegali e nell’aggravamento della crisi umanitaria a Gaza. Questo intervento senza precedenti minaccia le operazioni della Corte e mina l’impegno globale post-Olocausto per una responsabilità universale. Questo saggio sostiene che la comunità internazionale deve andare oltre la condanna verbale per imporre responsabilità, includendo sanzioni economiche e diplomatiche contro Israele e gli Stati Uniti, accuse della CPI contro Donald Trump e Marco Rubio, e l’attivazione dello Statuto di Blocco dell’UE per proteggere la Corte e i suoi funzionari dall’eccessiva ingerenza degli Stati Uniti. Le azioni di Israele a Gaza: Un caso di genocidio La Convenzione sul Genocidio del 1948 definisce il genocidio come atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso attraverso l’uccisione, il causare gravi danni fisici o mentali, o l’imposizione di condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione fisica. Le operazioni militari di Israele a Gaza soddisfano questi criteri con una chiarezza allarmante. La restrizione sistematica degli aiuti umanitari, gli attacchi mirati contro i civili – inclusi operatori umanitari, servizi di emergenza, operatori sanitari e giornalisti – e la distruzione di infrastrutture essenziali come gli ospedali dimostrano un intento deliberato di imporre condizioni mirate alla distruzione fisica dei palestinesi a Gaza e soddisfano la definizione legale di genocidio ai sensi dell’Articolo II della Convenzione sul Genocidio del 1948. I mandati di arresto della CPI del 21 novembre 2024 contro Netanyahu e Gallant, accusati di fame come crimine di guerra e crimini contro l’umanità, confermano questa valutazione legale. Il rapporto di Amnesty International di dicembre 2024 ha concluso inequivocabilmente che l’assedio di Israele, che ha negato sistematicamente ai palestinesi l’accesso a cibo, acqua, forniture mediche e carburante, costituisce genocidio creando condizioni destinate a distruggere la popolazione palestinese. La Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, nel suo rapporto di marzo 2024 Anatomia di un genocidio, ha identificato “motivi ragionevoli” per il genocidio, citando oltre 54.607 morti palestinesi, 100.000 feriti e il confinamento della popolazione di Gaza in soli 15 chilometri quadrati, portando a malattie diffuse e carestia. I rapporti di violenza sessuale nei campi di detenzione, come Sde Teiman, indicano ulteriormente un intento genocida, mirato alla dignità e alla sopravvivenza dei palestinesi. La retorica dei funzionari israeliani rafforza questi risultati. La dichiarazione del presidente Isaac Herzog nell’ottobre 2023, che confonde tutti i palestinesi con Hamas, suggerisce un intento di colpire un intero gruppo, non solo i combattenti. L’appello di Smotrich affinché “non un solo chicco di grano entri a Gaza” e il sostegno di Ben-Gvir all’annessione di Gaza e della Cisgiordania riflettono un intento genocida. Queste dichiarazioni e azioni, supportate dal sostegno militare e politico degli Stati Uniti, non solo violano il diritto umanitario internazionale, ma tradiscono l’impegno universale per “Mai più”, una pietra miliare dell’era post-Olocausto. Sminuire “Mai più”: Echi di Norimberga La promessa di “Mai più”, nata dagli orrori dell’Olocausto e sancita nei processi di Norimberga, ha stabilito un impegno globale a ritenere responsabili i perpetratori di atrocità, indipendentemente dal loro status. I processi di Norimberga hanno perseguito funzionari nazisti per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, nonostante le loro obiezioni alla legittimità del tribunale. Le azioni e le dichiarazioni degli Stati Uniti rispecchiano l’argomentazione nazista secondo cui i tribunali internazionali infrangono la sovranità dello Stato. Questo parallelo non è solo storico, ma profondamente simbolico. I processi di Norimberga hanno stabilito il principio che gli individui, inclusi i leader di Stato, hanno una responsabilità personale per i crimini internazionali, un principio codificato nello Statuto di Roma, che regola la CPI. Le sanzioni degli Stati Uniti, che colpiscono i giudici per aver adempiuto ai loro doveri giudiziari, violano l’Articolo 70 lit e dello Statuto di Roma, che vieta rappresaglie contro i funzionari della Corte per il loro lavoro. Questo atto di intimidazione mina l’eredità di Norimberga proteggendo i perpetratori dalla responsabilità, promuovendo una cultura di impunità che tradisce l’impegno per “Mai più”. La metafora di Apophis, Ra e Ma’at Nella mitologia egizia antica, il serpente Apophis, l’orribile incarnazione del caos, striscia ogni notte attraverso il mondo sotterraneo, cercando di divorare Ma’at – la dea sacra della verità, della giustizia e dell’ordine cosmico – per precipitare il mondo in un’oscurità eterna. Seth con la sua lancia, Iside con la sua magia e Thoth con la sua saggezza proteggono Ma’at fino all’alba, quando la luce di Ra sconfigge finalmente le forze delle tenebre. Allo stesso modo, Israele con le sue azioni a Gaza e gli Stati Uniti proteggendolo dalla giustizia hanno immerso il nostro mondo nell’oscurità. La comunità internazionale, i 125 Stati membri della CPI, deve ora assumere i ruoli dei guardiani di Ma’at. Sanzionare Israele e gli Stati Uniti, come Seth trafigge il cuore del serpente, utilizzare lo Statuto di Blocco dell’UE come uno scudo magico per proteggere la CPI e i suoi funzionari dalle sanzioni degli Stati Uniti, e impiegare la saggezza degli esperti legali per accusare coloro che commettono e sostengono il genocidio. I guardiani della verità e della giustizia devono agire con decisione per impedire al mondo di sprofondare nel caos e nell’oscurità. La necessità di un’azione internazionale decisiva Le semplici condanne verbali delle sanzioni degli Stati Uniti, espresse dalla CPI, dagli esperti delle Nazioni Unite e dalle organizzazioni per i diritti umani, sono insufficienti per contrastare questo attacco alla giustizia internazionale. La comunità internazionale deve agire con decisione per proteggere l’indipendenza della CPI e garantire la responsabilità. In primo luogo, la CPI dovrebbe perseguire accuse contro funzionari degli Stati Uniti, inclusi il presidente Donald Trump e il segretario di Stato Marco Rubio, ai sensi dell’Articolo 70 lit d ed e dello Statuto di Roma per reati contro l’amministrazione della giustizia. Il loro ordine esecutivo e le sanzioni costituiscono tentativi deliberati di ostacolare, intimidire e vendicarsi per il lavoro della Corte, azioni che soddisfano i criteri per il perseguimento. Un tale passo audace riaffermerebbe l’impegno della CPI per l’imparzialità e scoraggerebbe ulteriori interferenze da parte di Stati potenti. In secondo luogo, l’Unione Europea, con i suoi 27 Stati membri parti dello Statuto di Roma, deve attivare il suo Statuto di Blocco (Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio) per contrastare gli effetti extraterritoriali delle sanzioni degli Stati Uniti. Questo regolamento, progettato per proteggere le entità dell’UE dalle sanzioni straniere, potrebbe vietare il rispetto delle misure degli Stati Uniti contro i giudici della CPI, garantendo che le banche e le istituzioni europee non congelino i beni dei giudici né limitino le loro attività. Attivando lo Statuto di Blocco, l’UE può salvaguardare le operazioni della CPI all’interno della sua giurisdizione e segnalare che non tollererà tentativi di minare la giustizia internazionale. In terzo luogo, gli Stati membri della CPI devono rafforzare il loro sostegno attraverso un aumento dei finanziamenti, la cooperazione nell’esecuzione dei mandati di arresto e la riaffermazione pubblica del mandato della Corte. Queste azioni contrasterebbero l’effetto dissuasivo delle sanzioni degli Stati Uniti, che gli attivisti per i diritti umani avvertono potrebbero scoraggiare i testimoni e ostacolare le indagini in altre zone di conflitto. La mancata azione decisiva rischia di erodere la fiducia del pubblico nel sistema legale internazionale e incoraggiare altri Stati a seguire l’esempio degli Stati Uniti, indebolendo ulteriormente la capacità della CPI di rendere giustizia alle vittime di atrocità in tutto il mondo. Conclusione: Ripristinare l’equilibrio della giustizia Le sanzioni degli Stati Uniti contro i giudici della CPI rappresentano un attacco diretto ai principi della giustizia internazionale, riecheggiando la sfida dei funzionari nazisti a Norimberga e minando la promessa di “Mai più”. Le azioni di Israele a Gaza, caratterizzate da omicidi di massa sistematici con intento genocida, richiedono responsabilità, ma l’interferenza degli Stati Uniti protegge i perpetratori e perpetua l’impunità. La metafora di Apophis, Ra e Ma’at sottolinea ciò che è in gioco: permettere al caos di prevalere minaccia l’ordine globale che sostiene la verità e la giustizia. La comunità internazionale deve agire con decisione, perseguendo accuse della CPI contro i funzionari degli Stati Uniti Trump e Rubio per ostruzione alla giustizia e attivando lo Statuto di Blocco dell’UE per proteggere la Corte e i suoi funzionari. Solo attraverso tali misure assertive l’eredità di Norimberga può essere preservata. Le vittime dell’atroce aggressione di Israele esigono e meritano giustizia.